giovedì, settembre 27, 2007

I paradossi della democrazia -



Quanto m'incazzo (sorry!)..

Mi riferisco alla repressione, con relativi morti ammazzati, in atto in Birmania.

Lascio di seguito, per chi nn frequenta i Tg (meglio per molti versi), la cronaca aggiornata.

La mia semplice domanda e' : i paladini del giusto mondo, adesso che faranno, manderanno gli angeli salvatori anche li'?....dopo aver "salvato" le donne dal burka, ed averci liberato dal terrorismo , e dopo aver ripristinato la democrazia in Iraq e Vietnam?!....dimenticavo la liberazione del popolo Kuwaitaino!!!insomma BASTA PRESE PER IL CULO , BASTA!!!

Mad

RANGOON (MYANMAR) - Dura prova di forza della giunta militare al potere in Birmania, che ha bloccato le nuove manifestazioni di protesta con una repressione nella quale sono rimaste uccise almeno nove persone, fra cui un giornalista giapponese. Con lui sarebbe morto un altro giornalista, ma la notizia non è stata confermata. Proprio l’assenza di notizie precise, l’incertezza che accompagna gli eventi di queste ultime ore testimoniano la grave repressione in corso: la Bbc online riferisce di siti internet oscurati, di messaggi che campeggiano sulla tv di stato in cui i media stranieri vengono definiti «distruttivi». Nella città è in corso una vera e propria caccia ai giornalisti stranieri che stanno portando in tutto il mondo le notizie della protesta. Soldati birmani hanno perquisito gli alberghi del centro di Rangoon alla ricerca di reporter entrati con visto turistico. E questo mentre gli occhi della comunità internazionale sono sempre più puntati sulla Birmania e tutto il mondo si prepara a indossare venerdì una maglietta rossa in solidarietà con la popolazione. MONACI DEPORTATI - La gente era scesa in strada senza i monaci buddisti che dieci giorni fa avevano dato l'avvio alla protesta. I bonzi sono stati in gran parte arrestati giovedì nel corso di raid notturni: a quanto è stato riferito, alcuni monasteri sono rimasti completamente vuoti, i monaci picchiati violentemente nel cuore della notte e portati via su camion dai soldati. Una vera deportazione: via dalle strade per poter procedere meglio alla repressione senza far aumentare ulteriormente l'indignazione della gente che considera sacri i religiosi . Secondo alcuni testimoni, le porte dei monasteri sono state distrutte, i vetri delle finestre frantumati e gli interni saccheggiati e devastati. VITTIME - L'annuncio delle vittime odierne, che vanno ad aggiungersi a quelle di giovedì per un totale provvisorio di 15 morti, è stato dato in serata dalla televisione ufficiale birmana, controllata dalla stessa giunta. Fra le nove persone uccise giovedì le prime vittime straniere: un fotografo giapponese (Kenji Nagai, 50 anni, dell'agenzia di stampa France Press) e un giornalista tedesco (la cui morte però non è stata confermata dalle autorità). Nagai è stato colpito da colpi d'arma da fuoco sparati sulla folla «a scopo intimidatorio» dopo che le forze di sicurezza avevano lanciato un ultimatum, intimando ai manifestanti vicino alla pagoda di Sule di disperdersi. «Alcuni dei soldati si sono rifiutati di sparare sulla folla, mentre altri hanno preso i monaci a bastonate. È stato uno spettacolo terribile, tenuto conto che tradizionalmente nel paese i bonzi sono figure molto rispettate» ha raccontato una fonte della Misna da Yangon, che chiede di restare anonima per questioni di sicurezza. LA PROTESTA CONTINUA - Nonostante la dura repressione che ricorda ormai sempre di più la protesta di studenti risalente a vent'anni fa e sedata nel sangue con un bilancio di oltre 3mila vittime, la popolazione birmana non ha rinunciato neanche giovedì a scendere in strada, sostituendosi al rosso corteo di monaci. Sfidando il divieto di raduno imposto dalla giunta e decisi a ribellarsi a 45 anni di duro regime militare, i manifestanti a Rangoon sono stati giovedì almeno 50mila, in gran parte giovani e studenti. «La folla ha lanciato mattoni, bastoni e coltelli verso le forze di sicurezza» che «non hanno avuto altra scelta che procedere ad alcuni spari di avvertimento» ha detto la televisione ufficiale. Nel corso degli scontri sono state arrestate almeno cento persone, costrette a salire sui camion militari, mentre la folla si disperdeva nascondendosi nelle strade vicine. La protesta contro il regime è continuata anche in altre località del Paese: secondo l'Asian human right commission, associazione che ha sede a Hong Kong, vi sarebbe stata un'affollata manifestazione nella città costiera di Sittwe e vari incidenti nel corso di scontri con le forze dell'ordine a Pakokku, Mandalay e Moulmein.

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